io,il corso di Avellino,mio figlio,le giostre in villa e… i piccioni

Metti una domenica di sole, l’idea di un brunch per il corso di Avellino, un giro in villa comunale e le mille disavventure che ti aspettano e che diciamolo: “ti fanno… passare la voglia”.

Estate 40 gradi ad Avellino non è così usuale. Eppure, l’estate che stiamo vivendo,tranne la parentesi dello scorso week end, è di quelle che non ti fa dormire, neanche a Monteforte con la finestra aperta.

Presa da miei mille voli pindarici celebrali, decido di gettare giù dal letto Fabio, e coinvolgerlo in una colazione simil- brunch domenicale.

Della serie, posso essere cosmopolita anche qui, e posso educare, hahahhahaha, mio figlio, piccolo, a questa tradizione.

Ovviamente la meta è il corso Vittorio Emanuele.

Isola pedonale, piena di bar con posti a sedere all’aperto, parco giochi all’ombra; mentre ci dirigevamo in una nota pasticceria della città, pensavo alle leccornie che avrei potuto degustare , in quella, finta, mite aria di prima mattina.

Quante cose non avevo considerato.

L’eccitazione di mio figlio Edoardo, che assalito dai piccioni, si era rapidamente trasformato in un’aquila; volteggiava eccitato e urlante per la piazzetta circostante.

I piccioni, ma quanti sono, neanche tanti, se li paragoniamo a piazza San Marco, ma per me insostenibili, soprattutto quando si dedicano al mio tavolo della colazione, e a quello del mio vicino.

In quel momento mi riecheggiavano nella mente le parole di mio figlio Raffaele:”Sai che i piccioni sono antagonisti dei Tooooopiii”(il mio cervello pensava no, non lo voglio sapere).

A quel punto per distrarmi ho cominciato a guardare intorno, la pavimentazione della piazzetta sarebbe stata descritta da mia nonna come “unta e bisunta”.

Le panchine, dove giaceva sdraiato mio figlio, erano un tempo, un color crema molto elegante, adesso si potrebbe dire color “miscuglio di creme”.

Sollecitata, a finire in fretta ciò che stavo facendo, da mio marito ormai stremato, ci siamo diretti verso la villa comunale….la mia idea di brunch piano piano si stava trasformando in un incubo.

Ma i miei ricordi della villa comunale da bambina, erano ancora vividi;

Il biciclettaio, lo zucchero filato, le giostre girevoli, i nonni seduti sulle panchine.

Quindi ci siamo diretti alla volta del parco giochi, e nel tragitto siamo stati assaliti da uno sciame di mosche, appiccicose come l’ambiente circostante.

A quel punto guardando con attenzione il manto stradale ho notato la sporcizia, l’unto, le macchie di sporco, non il frutto di una notte di bagordi, ma di un’anno di incuria…..Il centro della nostra città non vedeva un secchio di acqua e sapone da un bel po’ di tempo.

Ci mancavano solo le rivendite di patatine fritte, in questa città.

(Basti pensare che la mia amica ha preso uno scivolone, non molto tempo fa, per colpa del marciapiede unto).

Eccoci giunti in villa, dove ci attendevano uno scivolo, un’altalena, e qualche papà.

Mio figlio diretto allo scivolo “adventure”, dove manca pure qualche pezzo per salire, cercava di fare un percorso a ostacoli per evitare che entrasse terra nei sandali.

Ad ogni giro, vedevo il bambino che cambiava colore…..

Le gambine, da rosee diventavano sempre più grigie.

Le manine, erano ormai nere.

I sandali, un tempo bianchi di cotone, erano diventati un bel marrone.

Il culmine è stato quando, raggiunto Edo perché voleva bere, ho sentito una puzza disgustosa, e ho urlatooooo.(Potete immaginare il perché).

Ma cosa è successo alla mia città, è sporchissima, trasandata, alienante per i bambini.

Ma da quando non si lavano le strade se non piove.

E da quando, se non lo fa l’amministrazione comunale, i negozianti, gli esercenti, non possono lavare almeno il posto circostante alla loro attività.

Dobbiamo aspettare ciclicamente una grandinata stile Armageddon che pulisca o “ripulisca” (in senso biblico) non solo le strade, ma gli alberi, le auto, finestre e tetti e a tratti anche le persone?

Ad ogni modo il brunch si è concluso, per me con un attacco isterico, per Edo con un nuovo paio di scarpe e una doccia con salviette umide, e con Fabio che non faceva altro che ripetere” che ho sempre delle splendide idee”.

La “rota”. I libri.

Libri.

Croce  e delizia, della mia vita.

Ogni volta che entro in una libreria anche la più brutta, la più sfigata della terra ho un rush ormonale,  un impatto fisico, un’estasi……subito seguito dal mio conscio che mi fa ripetere come nel training autogeno……..non comprare leggi tutto quello che hai accumulato, poi ritorni.

Ma è più forte di me devo leggere, vedere, capire, appuntare, ed è raro che riesco ad uscire senza comparare nulla.

Da qualche anno ho incontrato gli e book, che hanno dato un po’ di respiro alle mie finanze, soprattutto se li compri in inglese costano pochissimo, e allo spazio che ho in casa, e alle valige quando parti per un viaggio.

Ma leggere storie, in italiano , in inglese è per me fondamentale.

La definirei una vera e propria “rota” fisica.

Non riesco a ricordare gli inizi di questa dipendenza, ho ricordi “puzzle” di me che leggevo, più che altro ricordo i libri,  le storie, e li lego ai periodi del mio passato.

Qualche tempo fa, un mio compagno del liceo, mi ha fatto ricordare che durante le pause, tra un’ora e l’altra, io stavo lì a leggere, il libro del momento rubando le manciate di minuti per poter progredire nella storia.

Non che sia stata mai una tipo normale.

Lungi da me pensarlo.

Ricordo che una volta ho rifiutato “23” all’esame di Biologia dello sviluppo, perché non lo ritenevo un voto opportuno e la prof. quasi schifata mi disse di ritornare dopo due settimane; ora una tizia normale si sarebbe concentrata a ripetere il programma, ma” Mafalda” non ci pensava affatto, passò la prima settimana a leggere il “Terzo Gemello” sdraiata al sole sul terrazzo di casa, e solo di sera si concedeva per qualche ora al libro di Biologia. Fortuna volle che la seconda volta il voto proposto fu 27, altrimenti sarebbe stata un’altra delle splendide idee di Maf (come le chiama Fabio).

Io ho sempre un libro in borsa, e da quando ho l’app del kinlde e kobo sul cellulare ho sempre tante possibilità con me.

E come le gomme o le caramelle delle nonne che portano in borsa, io piuttosto non ho il fazzoletti di carta , ma ho un libro.

Dal parrucchiere, dove mi trovo a sfogliare i magazines, spesso strappo le pagine che consigliano i libri.

Con Raffaele sono riuscita nel mio intento, l’ho reso un lettore accanito, vedremo se riuscirò anche con Edo.

Il bello che non ho un genere preferito, ho i periodi……. c’è stato quello classico inglese, poi russo, poi horror….erotico….narrativo contemporaneo. I libri che mi hanno rapita sono diversi per me è impossibile fare una classifica, a volte li ho riletti anche di seguito.

Qualche volta vado a rota di scrittore, come la scorsa estate con Ellis, ho letto solo lui tutta l’estate, alla fine credevo di essere di Los Angeles e di avere problemi di personalità.

Nel mese di gennaio ho letto due libri deliziosi, di uno farò un piccolo post……dell’altro di Diego De Silva ci ha pensato Saviano quindi non mi accingo….

Credo che nel mio blog sarà un appuntamento fisso, quello con la libreria…. perché non so se lo avete capito,

non solo mi piace leggere, ma mi piace anche parlarne.

 

 

 

Ma che belle idee sono quelle di Lola.

Un giorno Lola mi ha dedicato questa poesia:

Ricorda sempre di scordare

le cose che ti rendono infelice.

ma non scordare mai di ricordare

le cose che ti rendono felice.

Ricorda sempre di scordare

chi non s’è dimostrato un amico buono.

Ma non dimenticar di ricordare

coloro che fedeli ancor ti sono.

Ricorda sempre di scordare

problemi che ormai sono passati.

Ma non scordare mai di ricordare

di tutti i giorni i casi fortunati……K.Dasani

 

E poi un giorno io ho dedicato questa a Lola….

Una ricetta per l’amicizia….

Un pizzico di allegria,

un cucchiaino di buon senso, un pizzico di logica,

un cucchiaio di intuito,

un pizzico di stile,

un cucchiaio di comprensione.

Amalgamare bene ed aggiungere uno spicchio di potenziale,

unire un pizzico di tristezza e una tazza di gioia,

aggiungere un secchio d’amore e mescolare bene, per molti anni.

Non mettere in forno né cuocere.

Lola è un’anima bella, affettuosa,

servire quando è pronta

con condimento a piacere……….

 

PS:l’ho un po’ modificata ma che importa.

io la spesa la faccio così

Questa mattina apro la pagina del corriere della sera e leggo :”Sorpresa il miele delle brioche non è miele”

…. non posso trascrivere tutto quello che penso, ma immaginate un po’ che belle parole si sono materializzate e uscite dalla mia bocca…

Sono diventata mamma per la prima volta più di tredici anni fa e dire che il mio atteggiamento rispetto a ciò che propino in tavola quotidianamente è cambiato, è un eufemismo.

Mettiamola così siamo maturati insieme.

Comunque il miele non è miele, in realtà sembrerebbe una mistura di glucosio, olio di palma e zucchero per il 92% e miele 8%.

E ti pareva, l’olio di palma è presente anche nel latte di crescita consigliato per i bambini fino a tre anni.

Roba da matti.

Ma non finisce qui, ci sono i polli alla diossina, c’è la magnificazione di mercurio nel tonno, e anche in altri pesci,i conservanti, i coloranti, i pesticidi, i nitriti e i residui chimici solo per citare alcune delle sostanze dichiarate pericolose per l’organismo .

Tra un po’ non sarà più sufficiente il consulto del nutrizionista dovremo invece rivolgerci ad un ECOTOSSICOLOGO.

Non vi dico la faccia di mio figlio tornato da scuola dopo aver scoperto che per sbaglio gli avevo dato per merenda un plum cake con olio di palma, nei suoi occhi ero la mamma più irresponsabile del mondo..

Della serie mi volevi uccidere per caso???

E poi ancora, vogliamo mettere l’impatto dello scandalo della Terra dei Fuochi, le verdure dove vengono coltivate quali sono i metodi più salutari e soprattutto domanda delle domande….

chi mi garantisce il controllo dei prodotti…

Oggi essere una casalinga, una madre attenta è diventato allucinante… allora, che si mangia oggi?

Aiuto……Noi siamo quello che mangiamo… In sostanza siamo il secchio dell’immondizia.

Ho talmente condizionato la mia famiglia che per mio marito tornare dal supermercato col pane in cassetta che scrive senza olio di palma è un traguardo salvo smontare ogni entusiasmo dicendogli che però è stato sbiancato con alcool !!!

Spinta da questa ansia di creare meno danni possibili, perché come diceva il mio prof di patologia generale, è il danno perpetrato il vero guaio per le cellule.

Non posso non leggere tutte le notizie riguardanti l’alimentazione e poi essere continuamente bombardata da blog di cucina, senza pensare ai talent show, con ricette fantastiche che ti invogliano a fare la vellutata di zucchine in pieno dicembre, o la parmigiana di melanzane a febbraio quando siamo totalmente fuori stagione.

Ma come posso non pensare: da dove vengono quelle verdure ?

Senza contare alla tipa che sta alla bancarella dell’ortolano sotto casa, che mi dice, di mangiare le sue arance perché sono della campagna del suo paese , ma di quale regione starà parlando!!!!!

E’ vero che non sono l’unica che subisce questo tipo di pressione mediatica difatti da un paio di anni nella nostra città c’è un trend salutista che invoglia a consumare prodotti a km “O”, il mercatino itinerante organizzato dalla Coldiretti tre volte alla settimana è oramai un appuntamento noto.

O situazioni come il mercatino domenicale alla Casina Del Principe con piccole aziende agricole che propongono prodotti irpini della tradizione, piccole realtà centenarie come l’Azienda Agricola Grasso Raffaele di Flumeri, ho provato le loro conserve fatte con metodo tradizionale o la loro conserva di peperoncino sott’olio, un’ estasi delle papille gustative.

Le fave piccolissime che non avevo mai visto in tutta la mia vita consigliatemi dalla signora Marinella Saveria, divine hanno reso la nostra pasta e fave fantastica.

Ma entrando più nello specifico la mia esperienza di spesa salutista è stata totalmente stravolta da quando ho incrociato la raccolta di Terratosta ideata da Emanuela Evangelista.

Anche lei mamma attenta e preoccupata dalla situazione che viviamo, ha pensato di cominciare a raccogliere prodotti di aziende agricole che non utilizzano sostanze chimiche per la coltivazione, che nutrono i loro animali con foraggio e mangime di tipo biologico, che fanno crescere gli animali all’aperto come si faceva un tempo, che non utilizzano prodotti di serra, che rispettano la terra, il clima e le stagioni.

Grazie a questo tipo di atteggiamento ho cominciato a capire che la verza e la zucca sono le mie amiche invernali, che a fine giugno comincerò a mangiare i miei adorati pomodori e che se voglio proprio una parmigiana devo aspettare il tempo giusto e che sicuramente a Pasqua o giù di lì avrò i miei carciofi alla romana.

La genovese fatta con le cipolle ramate di Montoro può convertire anche i fondamentalisti dell’alito fresco.

Le fragole biologiche sono più piccole, meno perfette e forse meno colorate ma il loro profumo è qualcosa di estatico per il mio olfatto.

Ho capito che, sgusciare per un’ora o giù di lì piselli freschi, vale la pena se poi li mischi alla pasta Grano Armando ad un tuorlo d’uovo fresco e tanto parmigiano.

Vi consiglio vivamente per una volta di gustare un bicchiere di latte Nobile del Consorzio Latte Nobile dell’Appennino Campano ( di fare la crema per i dolci!! Che ve lo dico a fare).

O di provare la carne di San Giorgio La Molara del consorzio di carni Marchigiane IGP, in un barbecue domenicale.

E che se voglio delle spremute fresche, le arance buone o il pompelmo rosa li posso avere con spedizioni dalla Sicilia dritte dritte fino a casa mia.

Ad Avellino possiamo mangiare sano, e le cose buone non sono neanche tanto lontane basta individuare situazioni serie e persone giuste.

Ovvio le mie ansie non finiscono qui (magari), si attenuano almeno fino al prossimo articolo o alla prossima ricerca.

 

I miei anni ’80

Ho appena finito di leggere “meno di zero” di Bret Easton Ellis, sono passati trent’anni dalla pubblicazione del libro e questo mi fa specie perché, mentre leggevo, non potevo fare a meno di pensare a me, trent’anni fa.

Gli anni ottanta, demonizzati e talvolta rinnegati, per quello che hanno rappresentato nella loro plasticità; epoca di edonismo, di un’ ondata neo liberista, inizio della politica -spettacolo, sono stati però anche gli anni in cui, da bambina mi trasformavo in adolescente e per questo li ricorderò sempre con una certa tenerezza.

Io che nell’ 85 avevo finito le elementari alla Cristoforo Colombo, e mi apprestavo a fare le scuole medie alla mitica Enrico Cocchia.

In me, non c’era nulla del vuoto della generazione di MTV della Los Angeles di Ellis, e ci mancherebbe, io ero quella che faceva le vacanze con i cugini in Calabria, con quaranta gradi all’ombra, e milioni di lentiggini sul corpo (l’abbiamo girata tutta da nord a sud da est a ovest).

Ero quella ragazzina, che quando la mamma ha scoperto che aveva un eritema solare, le ha spalmato la leocrema (oggi chiamerebbero il telefono azzurro).

Avevo una sorta di ossessione per i cantanti e credevo che John Taylor, dei Duran Duran, mi guardasse dal poster della mia camera da letto.

Io che non ho mai avuto un cerchietto Nay Oleari, perché a detta di mamma non mi stava bene, e quindi per questo non sono potuta diventare una gatta morta, secondo la teoria di Chiara Moscardelli. (peccato!)

Avevo un disturbo borderline per Saranno Famosi e la Casa nella Prateria, e quindi un giorno mi vestivo con body di lycra e scaldamuscoli, tipico di Leroy Johnson, e un giorno cercavo di farmi delle improponibili trecce alla Laura Ingalls, e avrei dato tutto, per avere quel cestino delle cibarie che lei agitava nella sigla.

Io, che sul terrazzo di casa, a via Baccanico, cercavo di riprodurre fedelmente il balletto e la canzone finale di Grease, con le mie amiche, impersonando sempre e comunque John Travolta e mai Olivia Newton John (i miei avrebbero dovuto capire, che avevo già dei problemi a relazionarmi con le icone femminili).

Non usavo il rossetto rosa o arancione, come le mie amiche, ma rigorosamente bianco, e tagliavo tutti i pantaloni e purtroppo anche i capelli con le forbicine delle unghie, perché il Video di Madonna mi aveva folgorata.

E visto che non avevo a disposizione tanta musica cercavo di miscelare (o dio santo) le canzoni, registrandole direttamente dalla radio.

Non vi dico che musicassette conservo ancora oggi.

(Forse era un preludio della mia vita futura, inconsapevole del fatto che avrei trascorso una vita insieme ad un virtuoso di vinili e miscelaggi).

La mia domenica mattina era fatta di Cioè comprato all’edicola dei Platani, della messa alla chiesa del Rosario e del pezzo di pizza, alla pizzeria Guarino per il corso.

Alla fine delle vacanze estive dopo mesi di mare, giochi spensierati,sotto casa, qualche novità tipo l’Intelevision, che dopo 15 minuti si surriscaldava e dovevi spegnerlo,il game boy o lo stereo a doppia piastra regalatomi da papà; mi sentivo pronta per la scelta di un nuovo diario scolastico, magari uno della Nay Oleary (mia madre ancora parla di questo incubo).

La sensazione che ricordo era di una forma di rigenerazione,di una eccitante novità, per sentirti bene ci voleva molto poco, un paio di Superga nuove, un Levi’s 501 che mettevo a vita alta( non so come), ed eri pronta per il giro con le amiche magari per il Corso.

I film, che passavano al cinema non erano tantissimi, e non esisteva il multi-sala,anzi, quando eravamo fortunati c’era il Partenio e l’Eliseo; ma c’era anche la videoteca, che aveva una scelta fichissima di film d’eccezione, per non parlare delle ultime uscite…

Ed è lì, che metteva radici la mia fissa per il cinema.

Se volevi un po’ di suspance, mista ad una notte insonne, rubavi Cronaca Vera del nonno e la leggevi di nascosto. (salvo poi, svegliare i tuoi durante la notte perché avevi gli incubi).

Insomma io ero, molto molto diversa dai ragazzi di Ellis, forse perché non ero di Los Angeles ma semplicemente di Avellino, e forse, potrei anche dire stranamente “per fortuna“.