Non smetto di aver freddo.

Non smetto di aver freddo.

Recensione del libro scritto da Emilia Bersabea Cirillo, Iguana Editrice, di Mafalda Fusilli

“il tempo che c’è concesso è davvero un affare molto impegnativo, per questo capita spesso di fare disastri”

Quanto sono vere queste parole, a volte pensiamo di poter rimediare a tutto o di avere infinite possibilità, ma non è così.

Angela e Dorina sono le protagoniste di non “Smetto di aver freddo”, ma protagonista di questa storia è soprattutto la vita, quella che non possiamo scegliere perché ci piomba addosso alla nascita, attraverso le scelte di chi ci genera, e la vita che costruiamo giorno per giorno, fatta del nostro libero arbitrio, fatta della casualità e delle opzioni a noi concesse.

Emilia Bersabea Cirillo nel suo racconto della vita di due donne, incontratesi durante la loro triste infanzia, descrive la vulnerabilità dell’essere umano , la complessità dell’universo femminile, l’importanza delle semplici scelte che ognuno di noi fa giorno per giorno; descrive la vita e non lo fa solo attraverso le due protagoniste, Dorina e Angela, ma attraverso tutti i personaggi che accompagnano questa storia. I segreti, le esperienze vissute e magistralmente descritte danno vita ad un libro complesso, articolato, ben strutturato.  Il lettore è costantemente in contatto col freddo mondo di Dorina, con la solitudine di Angela, la disperazione di Walter, la disillusione di Rosalia, la saggezza di Suor Vittoria, l’amore incondizionato di Antonia…..

Emilia B.Cirillo descrive luoghi conosciuti, la nostra Avellino, integrandoli nella vita dei protagonisti del suo romanzo,modificandone la fotografia a seconda dei sentimenti o degli stati d’animo descritti.

In “Non smetto di aver freddo” non vi è mai un calo del ritmo, Non ci sono momenti piatti. E’ una storia incalzante nei suoi continui cambi di ambientazione e personaggio, lascia il lettore continuamente interessato, incuriosito.

Non manca una catarsi dei personaggi , ognuna delle protagoniste a modo proprio ha una risoluzione, condivisa o non, che lascia al lettore un senso di completezza.

Ho amato questo libro, perché completo, complesso, è vero.

Ho amato il libro di Emilia per come descrive le donne, il loro mondo, il quotidiano.

E ho amato la mia città attraverso le parole di Emilia, scoprendone cose che non sapevo.

“La storia di un luogo non muore con il luogo”.

 

 

 

A seguire la recensione di Maria Paola Battista…….un libro due punti di vista………

NON SMETTO DI AVERE FREDDO, Emilia Bersabea Cirillo, L’iguana Editrice, Verona 2016, pagine 343, € 16,00.

Un susseguirsi di vicende, flashback, descrizioni, un narratore onnisciente che conduce il lettore in una storia di amicizia, cattiveria e perversione.

Questa la prima impressione che dà Non smetto di avere freddo, l’ultimo romanzo di Emilia Bersabea Cirillo.

La sensazione del freddo accompagna la vita di uno dei personaggi della storia: un freddo che viene fuori nei momenti più pericolosi per il suo animo.

Il lettore avverte quel freddo e questa sensazione fa di Non smetto di avere freddo una lettura accattivante, coinvolgente, spesso amara.

A parte la tecnica perfetta che risponde ai canoni di ogni buona scrittura e che lascio commentare a chi è più bravo di me, qualcosa va comunque sottolineata. Innanzitutto le descrizioni partecipative dei luoghi in cui si svolgono le vicende: la Napoli degli studenti, l’Irpinia con la sua neve, Atrani con il mare, una casa circondariale.

Luoghi evocativi che portano il lettore dentro la storia e lo rendono partecipe di ciò che accade. Tutto è sensazioni, occhi attenti, intrecci di personalità.

Sullo sfondo i mali del nostro tempo: l’abbandono della famiglia, la disoccupazione, la crisi economica che rompe ogni equilibrio.

Il bene e il male, la bontà e la cattiveria, la purezze e la perversione. Da dove nasce il freddo che una donna porta dentro per tutta la sua vita?

Mentre la lettura scorre veloce, limpida, semplice, ecco che un evento inatteso rompe la monotonia di un equilibrio finto, triste, scandito e scontato e da quel momento in poi tutto cambierà: altri eventi, altre situazioni, nuovi personaggi e luoghi si insinuano nella storia.

Leggendo il libro spesso mi sono ritrovata con il freddo addosso, mi sono emozionata nella compenetrazione della lettura, provando pietà, affetto e disapprovazione per i personaggi che sembrano persone vere avviluppate in un vortice fatto di passato e presente.

Maria Paola Battista

http://www.wwwitalia.eu/italia/index.php/in-biblioteca/3732-non-smetto-di-avere-freddo

Generazione….TOFU

Generazione….TOFU

Questi uomini non sono né carne né pesce…….Lo dice mia madre , lo diceva mia nonna.

E dunque sono Tofu?

Scherzi a parte negli ultimi tempi mi è capitato di leggere diversi editoriali su note riviste, dove si fa riferimento alla profonda confusione delle nuove generazioni maschili.

Se penso alle nuove generazioni, ai nuovi “maschi”, penso ai miei figli, ai loro coetanei, più che a mio marito, mio fratello o i miei amici, non per egoismo ma perché in certe situazioni, come dire “il dado è tratto”.

Gli uomini, dicevamo, sono confusi, brancolano nelle continue richieste del genere femminile e della società, che a parer mio e non solo (M.E: Viola direttoregioia@hearts.it), neanche hanno le idee tanto chiare.

Infatti, a questo proposito si è espresso un altro guru Mark Simpson (scrittore), il quale ha affermato che a forza di fare pressioni sulle leve emotive dei maschi “Alfa”, abbiamo innescato un processo irreversibile, i ragazzi sono completamente confusi.IMG_0907

Per non confondere anche noi, ho cercato di venirne a capo prendendo, ovviamente, ad esempio la mia esperienza di madre di due maschi, per la definizione “Alfa” aspetterei sinceramente.

Per cultura, o meglio per retaggi culturali (generalizzo), insegniamo ai nostri figli maschi a minimizzare le emozioni, soprattutto relative a insicurezza,timidezza, paura, dolore. Cercando di renderli forti,”duri”, e seppur non sono le madri a comportarsi in questo modo (mi riferisco sempre alla mia esperienza) ci pensano ,padri, zii, nonni.

A conferma di questo, ho letto la sintesi dello studio di uno psicologo , il quale afferma che per gestire sentimenti e sensazioni, come ad esempio la rabbia, i genitori tendono, mediamente, a parlare di emozioni con le bambine piuttosto che con i bambini.

Eppure l’empatia, l’espressione di ciò che si prova non fa nessuna differenza di genere durante l’infanzia, l’approccio è istintivo e uguale.

Fragilità, timidezza, ansia dovrebbero essere consentite indipendentemente dal sesso di appartenenza.

Ad esempio la manifestazione del pianto, quante volte ho dovuto ribadire che piangere fa bene, è giusto, è sano e liberatorio, se si conosce la ragione, e che non bisogna vergognarsi o per questo sentirsi una “femminuccia”.

Senza poi approfondire la questione AZIONE_GIOCO_GENERE. “Che fai giochi a pentoline? ma tu sei un maschio!” e quindi….. esci distruggi una staccionata salvo poi piangere, perché credi di aver preso il tetano o il raffreddore…….

Credo che così non vada bene.

Vogliamo bimbi, adolescenti, uomini veri! E cioè?

Aggressivi, “forti”, insensibili, freddi calcolatori, che però sappiano quando è il momento di essere romantici, teneri, sex symbol, sensibili a certe situazioni particolari, goleador, irsuti primitivi, ma curati, attenti al corpo, ma non troppo, con una tempra d’acciaio ma mai violenti.…mai piagnoni, però c’è pianto e pianto, non vogliamo i frignoni ma li vogliamo con un “cuore” senza passare per cretini, ma neanche per “stronzi”…..Aiuto….

Ci scandalizziamo, a giusta ragione, difronte ai sempre più comuni episodi di bullismo, però gli insegniamo a ricorrere alle etichette, e alle differenze di genere……Senza pensare alla totale negazione, o non accettazione di insuccessi sia nella scuola, nello sport che nella vita sociale.

Basti pensare agli ultimi fatti, gravissimi, della cronaca italiana, dettati da un “FAMILISMO AMORALE CHE RENDE I FIGLI DISUMANI”.(E.Banfield)

Io, sono una madre, anche se giovane, una cosa l’ho capita, ho fatto e farò tantissimi errori perché essere genitori è un compito difficile, ma essere figli lo è ancor di più.

Troppe pressioni, poca attenzione, troppa indulgenza, tanta superficialità, nessuna tolleranza né per sé né per gli altri, nessun rispetto ma tanta, tanta insicurezza sono una buona ricetta per una 

Generazione Tofu

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