#dialogo
#Dialogo
#Roberta
Sono le cinque del pomeriggio, continuo a guardare il vialetto, aspetto che torni a casa, i suoi passi, il rumore delle chiavi le agita sempre allo stesso modo, e poi gli stessi identici passi frettolosi, irrequieti.
Eccolo sono le cinque e cinque, il nove settembre, in questa strada, in questa città, ordinata, silenziosa, quasi volgare per quanto è finta.
E’ entrato in casa,ha chiuso la porta,ha buttato il soprabito sulla panca, si è allentato la cravatta, e ha fatto capolino in cucina, dove tutto è rigorosamente immobile, come i suoi sentimenti.
-Roberta sei in casa?Roberta…-
Mi chiama con la sua voce doppia, piatta.
-Renato sono in salotto preparavo i compiti per domani-
Lo dico senza spostarmi di un millimetro, ferma con la porta alle spalle e il sole che mi riscalda il volto entrando dalla finestra, i fogli dei compiti, qui davanti a me , che non ho mai letto.
-Oggi ho avuto una giornataccia, e per finire ho trascorso l’ultima ora a discutere con mia sorella, non so, forse per la quarta volta, sul maledetto pranzo familiare del prossimo sabato. Io non so più cosa dirle , ho tergiversato, ma ho fatto solo la figura dello scemo. Cosa posso dire per giustificare la tua crociata contro la mia famiglia.-
Però crociata, che lessico da uomo erudito.
-Crociata è un termine tuo o di tua sorella?-
Primo colpo assestato…….
-Ma che problema hai. Sei acida e poi la mia famiglia cosa ti ha fatto, ti hanno sempre voluta bene, ti hanno accettata dal primo istante. Io ho tanti di quei pensieri e di certo le tue faide non mi aiutano. Cerca di darci un taglio e comportati da donna della tua età.-
Cosa farà mai una donna della mia età, cinquanta tre anni, sono troppi, sono tanti per parlare, per pensare, per liberarsi.
Renato ha cinquantadue anni e credo si stia liberando da diverso tempo.
-Mio caro marito, stanco e pensieroso, non è solo la tua vita fatta di problemi,l’uomo medio lavora,pensa, subisce, agisce, ama, odia. Tutti abbiamo una vita stressante, ma ciò non ci autorizza a corrodere gli animi altrui.-
-Ro…Ma che libri stai leggendo, mi sembra di essere in un dialogo dell’ottocento.-
Mi sono girata, adesso, siamo faccia a faccia.
-Io ho sempre parlato in questo modo, e ti ho insegnato come si esprime un individuo, normo dotato.-
Povero troglodita presuntuoso.
-Ecco…la tua scusa, puoi dire alla cara sorella che non vengo al pranzo, perché non posso dividere il mio tempo con gente che non ha, e non apprezza la cultura.-
Mi guarda come se avessi tre occhi.
-Credo che per finire questa porca giornata dovrò giocare a squash, altrimenti non risponderò di me.-
-sai già di trovare il campo libero? O devi fare la solita telefonata prima, chi sa! Mentre innaffi le rose in giardino. Giusto per metterti al corrente,sono state già innaffiate a dovere.-
La sua espressione può sembrare vuota, ma io……io lo conosco da sedici anni. L’ho visto nervoso, triste , sofferente, l’ho visto piangere di gioia, l’ho visto talmente incazzato che avrebbe potuto uccidere con la forza del pensiero, ma questa espressione non ha paragoni, si! Mio caro ci siamo….io so!
E cosa so!
Quanto so!
-Roberta a costo di ripetermi, fai la donna matura e lasciami in pace. Faccio una doccia e scendo.-
-Renato ma cosa dici fai la doccia prima di andare a giocare a squash?-
Siamo di corsa adesso, attraverso casa nostra, lui avanti, io dietro e saliamo le scale.
Le foto di famiglia, i viaggi.
Quanta importanza diamo alle cose, quanto sono necessarie per rappresentare chi siamo, e poi perché penso queste cose proprio in questo momento. Corriamo ci inseguiamo, lui scappa, io lo inseguo, una rappresentazione fisica della nostra relazione.
La camera da letto, il mio, il suo bagno.
-Roberta lasciami in pace.-
-Fai l’uomo è un bel po’ che non né vedo uno in questa casa, mostra un po’ di umanità, non dico amore, non mi permetterei mai di scomodare un tale sentimento per descrivere quello che provi per me.-
-Cosa vuoi che dica.-
-Non so fai tu, io ti posso solo ascoltare.-
-Mi dai il tempo di una doccia.-
-No! Non posso! Di tempo te ne ho concesso troppo. E ora quello che mi resta è troppo prezioso.
Troppo importante per concedertelo.-
-Allora fammi una domanda, spero di poter rispondere.-
-Non ti affidare alla speranza, fai leva sul coraggio, almeno per una volta fammi capire chi sei!
Fammi capire cosa è rimasto dell’uomo che credevo mi volesse, che credevo mi amasse.-
Piccolo esperimento di scrittura.